Qualcuno dirà che non è così, dirà che è necessario proseguire a manifestare contro gli omicidi di donne ( il reato di femminicidio, in Italia, non esiste ), che bisogna proseguire, senza sosta, nel parlare di quote rosa, del rispetto delle proporzioni, per quanto riguarda i numeri e tra le posizioni apicali, nel mondo del lavoro tra uomini e donne e via dicendo insomma, è continuum di proposte, nonché, di leggi specifiche che, in un modo o nell’altro tentino di arginare il fenomeno.
Probabilmente, bisognerebbe andare più a fondo.
A me pare che sarebbe altrettanto utile dedicare altre iniziative, delle iniziative, di qualsiasi tipo e quindi non solo legislative, “contro” la violenza, contro qualsiasi genere di violenza e con qualsiasi modalità questa si perfezioni nonché, ritengo anche che bisognerebbe interrogarsi, in modo più introspettivo sulle cause: bisognerebbe, davvero, guardare dentro i fatti, consapevoli dell’assunto che le leggi non bastano e che gli organi statali, deputati ad intervenire non solo per reprimere ma, altresì per prevenire la violenza quando questa assuma le caratteristiche di reato, pare non abbiano affatto colto nel segno.
Solo un numero, e questa volta mi riferisco alle donne: dall’inizio del 2024 le donne che sono state uccise dai propri partner sono almeno venticinque, un dato che non può non essere definito impressionante.
Ciò posto, quasi a sostegno di una riflessione più profonda, vorrei riflettere su due diversi accadimenti che rappresentano condotte violente, che rappresentano fatti di reato, accadute in luoghi in cui lo stato dovrebbe avere il pieno controllo, non foss’altro per la finalità che è chiamato ad assolvere e cioè, quelle finalità che hanno lo scopo di educare e formare donne e uomini che saranno, a loro volta, persone che educheranno altre donne e altri uomini.
Accadimenti che, purtroppo, vengono recepiti dai cittadini quasi come un eco, in modo non chiaro e confuso.
Il primo è quello accaduto, il mese scorso, in una scuola di addestramento della guardia di finanza, non mi pare che la stampa ne abbia dato particolare risalto, nella quale alcune allieve avrebbero subito chiare pressioni al fine di dare loro disponibilità a dei rapporti sessuali per potere, in questo modo, superare gli esami nell’ambito del relativo corso.
La procura dell’Aquila risulta avere aperto delle indagini a riguardo: si sarebbe, secondo la denuncia della persona offesa, perfezionato uno stupro che sarebbe stato commesso da un capitano a danno, appunto, di una allieva finanziera della scuola per ispettori e sovraintendenti non solo, altri ufficiali sarebbero finiti al centro della vicenda dopo la scoperta di una chat dalla quale, insieme ad altri indizi, ne sarebbe derivata una indagine per maltrattamenti in famiglia ipotesi, quest’ultima, perfettamente compatibile con maltrattamenti avvenuti in luoghi di lavoro: i messaggi delle chat sono le seguenti: …gli darei un aiutino….diamo il via alla caccia…quella la punisco se non fa come dico io….
Evidentemente, i relativi smartphone sono stati acquisiti.
Episodi, quelli descritti e sui quali sono in corso delle indagini che, se confermati, avrebbero una portata gravissima.
Vi è un altro settore che, anch’esso, sembra essere percepito in modo davvero fumoso e poco chiaro e cioè, quello della violenza nei confronti degli uomini.
Posto che esiste, davvero, un mondo nascosto di violenza perfezionata dalle donne nei confronti degli uomini di cui si conoscono, esclusivamente, vista anche la ritrosia da parte degli uomini nel denunciare tali episodi, solo i punti emergenti, esiste, purtroppo, una vera e propria violenza sessuale a danno degli uomini nelle carceri i cui dati “dobbiamo” definire tragici: il problema è che continua a parlarsi davvero troppo poco di queste situazioni, si continua a preferire una condotta informativa molto più cauta che, si badi bene, è cosa diversa dal pretendere il pieno rispetto dei diritti degli indagati e delle persone offese.
Per dare un’idea del fenomeno non si può non riferire quanto si legge, a riguardo, sulla rivista Palermo Today in data 27 agosto 2022 su cui è possibile leggere quanto reso noto da Aldo Di Giacomo, segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria che, prendendo spunto da una violenza sessuale denunciata nell’istituto di Santa Maria Capua Vetere, in Campania, così si esprime:
…….” Il carcere è un inferno e la violenza sessuale in carcere è sicuramente, con il suicidio, il peggiore dei gironi infernali, ma non deve essere più un tabù da rimuovere solo quando si ha notizia di un caso. Per un caso denunciato ce ne sono decine e decine, ogni anno, di violenze sessuali, sopraffazioni, umiliazioni subite da compagni di cella. Forse solo l’1per cento delle violenze sessuali in carcere viene denunciato, per paura, vergogna, con i più deboli costretti a pagare l’assenza di misure di tutela personale. La regione che sembra avere il numero più alto di violenze è la Campania con 20 casi denunciati l’anno, seguita dalla Sicilia con 14. Ma non ci sono, né ci possono essere, dati attendibili…..Le possibilità per chi si trova in carcere non sono uguali per tutti, così chi ha più forza fisica, economica e mentale riesce ad imporsi sugli altri. Di conseguenza oltre alla violenza e sopraffazione del più debole, c’è chi scambia vino, medicine, oggetti personali, per sesso. Una situazione che va di pari passo con l’aumento delle violenze sessuali, che non vengono denunciate quasi mai perché i detenuti hanno paura di continuare ad essere “prede”degli altri carcerati e temono anche ritorsioni. Le conseguenze per i detenuti che subiscono violenza sono devastanti, specie a livello psichico, sino ad arrivare a tentativi di suicidio e forme di autolesionismo. Continuiamo a sostenere che va rivisto il così detto sistema della “sorveglianza dinamica”che non consente di attuare controlli adeguati e misure di prevenzione in particolare contro gli stupri”…
C’è da chiedersi, allora, se i due accadimenti descritti siano sporadici o no o se, per ipotesi, tali gravissimi episodi trovino, sempre per ipotesi, piena cittadinanza anche in altri luoghi in cui le istituzioni dovrebbero garantire la corretta e trasparente applicazione dei principi a cui si inspira la nostra democrazia.
Il fatto è, allora, che oltre a quanto spessissimo viene divulgato tra fiaccolate, scarpette rosse e quant’altro, iniziative che, si badi bene, sono certamente cosa positiva nell’insieme delle soluzioni, bisognerebbe andare alla base dei problemi innovando, fortemente, il modello educativo fin dalle scuole primarie modello che non dovrà coinvolgere solo i ragazzi, i quali divenuti adulti se autori di simili violenze dovranno, senza ombra di dubbio essere puniti adeguatamente, ma anche e in particolare modo le ragazze affinché siano preparate a reagire a simili condotte: denunciando, denunciando e ancora denunciando……nonché, fornendole gli strumenti adeguati per approcciare e affrontare al meglio situazioni di un certo genere cosa, quest’ultima, che necessita soprattutto di maestri adeguati, a qualsiasi settore ci si riferisca, poiché, dopo tutto, il rimedio non è affatto solo quello di trovare la legge giusta ma, anche quello di tenere come riferimento un prezioso criterio educativo lasciatoci da Paolo Borsellino: …si educa con quello che si dice, con quello che si fa ma, soprattutto, con quello che si è.